Sono uscita a settembre da una storia di 6 anni. Vivevamo insieme, ed eravamo fidanzati. Io l\’ho seguito nel suo paese, il Belgio pur di restare con lui. Poi, durante un periodo di depressione, l\’ho tradito. A dire il vero é stato (purtroppo) il tradimento a farmi comprendere il mio malessere, e a spingermi a cercare un consiglio medico. All\’epoca, sono stata perdonata. Ma solo da lui. Io, anche a distanza di quasi un anno dalla fine del nostro rapporto, non perdono me stessa. Quasi due anni si sono susseguiti tra medicine, attacchi di panico, ansia, e perfino un tentativo di suicidio.
Conosco un ragazzo al lavoro che mi piace, ma nulla di più. Io ho 28 anni, lui 25. Mi piace ma non ho perso la testa. Ci conosciamo e usciamo da amici per mesi. Qualche fitta di gelosia quando scopro che sta vedendo un\’altra, ma sono troppo occupata con il mio torturarmi per pensare ad altro. Poi, una notte (letteralmente) me lo trovo alla porta di casa alle 4 del mattino. Apro la porta, e mi da un bacio, dicendo che erano mesi che voleva farlo e chiedendomi di stare con lui. Ovviamente cedo. Non succede niente se non molti baci e molte parole fino alle 7 del mattino, e decidiamo di uscire insieme. Voglio fare le cose fatte bene.
Dopo due anni di sofferenze, meritate ma anche auto inflitte, é un respiro, un soffio di aria fresca. La maniera in cui si illumina quando mi vede non si puo\’ nascondere. Lo vedono tutti anche al lavoro (lavoravamo in due uffici diversi in due parti del Belgio diverse), sono felice. Facciamo un weekend lungo insieme, cosi\’, dopo appena un mese che uscivamo. Va tutto bene, e non potrebbe andare meglio. Io ho sempre dei dubbi, riusciro\’ ad amarlo, riusciro\’ a mettere il passato alle spalle… ma scelgo di concentrarmi su quello che mi fa felice.
Poi, il 5 giugno, tre giorni di evento aziendale. Ormai i nostri colleghi sanno che usciamo insieme e, come si dice qui, siamo esclusivi, e sono felici. Durante questi tre giorni di evento, il mio team ha a disposizione un appartamento in luogo per chi sceglie di non affrontare la trasferta (40km dalla nostra città, e orari come 6 di mattina fino a mezzanotte). Niente di che. Una sera, l\’ultima sera, lo vedo un po\’ ubriaco. Premetto che io non bevo tanto da ubriacarmi, non mi piace e non lo condono, ma accetto la cultura locale (sono pur sempre in belgio!) e posso capire che succeda. L\’evento é anche relativamente informale, quindi mi dico, pazienza. Quando lui diventa rumoroso, pero\’, gli chiedo se vuole tornare a casa con me o se sa trovare un altro modo di tornare. Lui mi da una risposta stizzita, e io torno a casa da sola, pensando che i miei colleghi comunque se ne sarebbero presi cura (l\’ambiente in azienda é molto amichevole, siamo tutti sulla stessa fascia di età). Mi sento in colpa di aver reagito troppo, mi dico che devo accettare che se lui vuole uscire a bere se non é niente di incredibilmente scemo. Ma lui non mi risponde, dalle 9 di sera smette ogni contatto. Io non dormo e mi tormento, certa di averlo fatto arrabbiare. La mattina dopo all\’ultimo giorno di evento lui non mi parla, e mi evita come la peste. Quando lo approccio, vedo che é distrutto. Occhi rossi, fiato pesante. Uoah, ha proprio fatto la festa. Si é ubriacato tanto da essere divenuto una star. Lui si vergogna a morte e vuole tornare a casa, ma cerco di trattenerlo per scrupolo professionale. Mi dice che non berrà mai più, che é stato malissimo.
Poi, nel primo pomeriggio, scopro che é tornato a casa senza dirmelo. Alla fine dell’evento, un mio collega, con il quale ho un gran bel rapporto di amicizia grazie anche a tante cose in comune con la sua ragazza, mi chiede di parlarmi. E mi dice che la notte, il mio ragazzo ha fatto sesso nell\’appartamento destinato al team con la stagista. Tanto che nessuno é riuscito a dormire. E li mi vengono in mente tante cose: le sue lacrime la mattina nel vedermi, il voler andare via, le reazioni affettuose dei miei colleghi durante la giornata e che non sapevo spiegarmi…
Lo chiamo. Conferma, e mi dice che stava aspettando che tornassi a casa per parlarmene. La ragazza in questione, la stagista, mi aveva tampinata tutta la giornata: ho avuto una nottataccia, mi presti il burrocacao che ho le labbra mangiucchiate… con una dignità che non pensavo di avere, cammino verso di lei, che lavora circondata dai miei colleghi che avevano usufruito dell’appartamento la notte precedente. La chiamo per nome, molto pacatamente. Puttana, le dico. Sempre molto pacatamente. E me ne vado a cercare di calmarmi.
Le mie colleghe e i miei colleghi mi seguono, lasciandola sola. Il mio ragazzo continua a cercare di chiamarmi, e rispondo, anche sapendo che non saprei affrontare una discussione. Perché. Perché? Non lo so. Cosa ti ho fatto? Non hai fatto niente, non é colpa tua. Non é nemmeno bella. Lo so. Ma ti piace? No, no. Perché? Non lo so, ero ubriaco, tanto, non ricordo.
I miei colleghi mi hanno conosciuta alla fine della mia relazione, e per quanto sia strano da dire, erano determinati a rendermi felice (e la cosa mi rende felice). Tutti sapevano come ero stata. Cerco lei. Le chiedo perché. Mi dice che non é colpa sua se la voleva. Le dico che anche lei ha un ragazzo, e lei mi risponde che io non devo permettermi e che non so cosa succede tra di loro. Le dico che se per me prima lei non era nessuno, adesso avrei desiderato che non esistesse. Che mi fa schifo. Che ci fa schifo. Perché nel frattempo la lista di altre persone con le quali é stata inizia a fare capolino. Lei mi dice che con lui era già successo. Lo chiamo. Si, mi dice lui. Prima che uscissi con te. E non volevo dirtelo perché non era niente.
Le orecchie fischiano, ho la nausea, la tachicardia e le gambe molli. Affronto i 40km per tornare a casa, e lo trovo là. Piange. Mi chiede di parlarmi. Ha paura di guardarmi. E io mi ricordo di quello che ho fatto io, di come mi ero sentita, e di come il mio fidanzato non avesse dato una reazione che potesse essere conclusiva ma un perdono passivo che mi aveva fatta sprofondare. Scelgo di fare quello che avrei voluto fosse fatto per me, scelgo di continuare ma di non seppellire, perché, esperienza, nulla si seppellisce.
Era già successo, e con lei. Lei che ha la foto profilo con suo moroso. Lei che mi chiedeva se l’avessimo fatto e come. Lei che sapeva che io ero all\’oscuro di tutto. Lei che credeva che sarei ancora stata all\’oscuro di tutto. Lui che ubriaco prende il tempo di spogliarla e riesce a fare sesso con lei quando a volte fa il prezioso con me. Onestamente, e scusate il dettaglio, la pelle del suo pene contro la sua vagina. Mi viene da vomitare. Mi viene da vomitare e mi sento sporca io. Eravate protetti, chiedo. Lui dice che di quello é sicuro. Perché lei ha messo il condom.
Ah, nel frattempo arrivano frammenti, dettagli, di più. Lui era cosi\’ ubriaco da sfiorare la rissa. Lui accompagnato all\’appartamento dal mio collega e messo a letto in una stanza singola. Lei che dice alla mia collega che andava a occuparsi di lui e a vedere se gli servisse qualcosa.
Lei che racconta di avergli chiesto di me, e che lui avrebbe detto che non gli interessava.
Lui che dice di non ricordare niente. Di aver paura perché non ricordava niente. Nemmeno la rissa, o il tragitto in macchina.
Il mio vecchio errore mi spinge a certe reazioni. Non lasciare che il contatto fisico si interrompa, o si interromperà per sempre. Facciamo sesso, perché io devo riaverlo, deve tornare mio. Ed é il peggior sesso della mia vita.
Le domande, le scene di lei e lui nella testa. Sapere che era già successo.
Sapere che lui aveva scelto di non dirlo, o di dirlo molto più avanti. Sapere, perché questo lo so, che lui voleva costruire qualcosa con me, e continuare a cercare di essere forte.
Lui é stato licenziato per l’ubriachezza. Lei, nonostante ora stia cercando di dare versioni diversi al nostro entourage (ero innamorata, volevo lasciare il mio ragazzo per lui, lui mi ha usata), ha dato le dimissioni.
Due settimane sono passate nel tentativo, quasi abbozzato, di andare avanti. Momenti belli e sereni, anche. Poi il suo telefono incustodito e io che leggo i suoi messaggi, senza scoprire niente di nuovo ma ferendomi da sola nel leggere come le cose sono formulate. Non é che lo scoprirà, dice ad un suo amico. Dimmi quando lo dici a Giulia, che non voglio sembrare scema, dice lei. E mi sento di nuovo sporca.
In colpa per aver violato la sua privacy, e sporca. Panico, ansia. Gli dico di aver letto i suoi messaggi, non prima di aver cercato il confronto con una menzogna ben articolata. Ma non voglio più mentire, i due anni di tortura mi sono stati sufficienti. Non accetto più di flagellarmi.
Eppure ora é cosi’ che mi sento.
Voglio costruire qualcosa, ma il passato mi sembra sporco dall’inizio, iniziato con una menzogna e un non detto. Ho attacchi di ansia e di panico che mi impediscono il sonno. Non dormo.
Vedo lui che cerca di fare qualsiasi cosa per me. So che non ha smesso di innamorarsi, anzi, purtroppo questa situazione mi ha messa su un piedistallo.
Ma io mi chiedo se riusciro’ a mandare giù. Se saro’ capace di gestire la cosa, di dimenticare. Non di perdonare, ma di accettare. Perché il perdono, purtroppo, é inutile e inesistente. Se saro’ per sempre quella con il dubbio, quella che vuole guardare il telefono, quella che vuole sapere. Oppure se questa é l’ennesima sconfitta, l’ennesimo dolore, e mi sto accanendo su un paziente malato e che non ha futuro. Se devo iniziare ancora, di nuovo, da sola. Ho paura. Ho solo tanta paura e tanta tristezza, perché ho intravisto la felicità, e averla intravista fa molto più male che non averla mai avuta.
Ho paura e sto male.